Un nuovo governo anche col Pd. Pronto ad accettare un leghista premier
por andrea em domingo, 24 de julho de 2011 às 16:28
Il presidente della Camera Gianfranco Fini. “Il Cavaliere ci porta nel baratro, il Pdl rompa con la cappa”
IL governo passeggia sull’orlo del “baratro”, ha perso credibilità in Europa ed è incapace di affrontare le emergenze del Paese. Serve un nuovo esecutivo con un programma di soli due punti: ripresa economica e riforma elettorale. Il presidente della Camera Fini non ha dubbi. Spera nella collaborazione del Pd ed è pronto ad accettare un premier dell’attuale maggioranza. “Anche” un leghista come Maroni.
Fini considera vitale una svolta in tempi brevi e in questa ottica lancia un appello in primo luogo al Pdl: “Gli uomini di buona volontà non abbiano paura e rompano la cappa imposta da Berlusconi. Gli impongano il passo indietro. A quel punto il centrodestra rinascerà e si riorganizzerà”.
Presidente, non si tratta di un disegno complicato?
“Questo governo è confuso e paralizzato. L’unico che non se ne accorge è Berlusconi. Lui continua a fotografare una realtà virtuale. Quando arriva a dire che è stato bravo il governo a far approvare la manovra in soli tre giorni significa che vive sulla luna. Come se nessuno sapesse che il merito è stato del monito del presidente della Repubblica e del senso di responsabilità delle opposizioni”.
E c’è un’alternativa?
“Galleggiare equivale ad allungare l’agonia a spese dell’Italia. Per gli italiani il conto sarà salatissimo. Siamo di fronte al baratro. Gli uomini più avveduti della maggioranza abbiano un sussulto”.
In che senso?
“In tanti nel Pdl vengono da me e si lamentano della situazione. In privato sono disperati, sanno che si vive una condizione drammatica. Sono coscienti del fatto che se continua così sono finiti e che il presidente del consiglio non è più in grado di governare. Poi in pubblico hanno paura, dicono che è saldo in sella. Abbiano il coraggio di spiegare a Berlusconi che deve fare un passo indietro”.
In quel caso cosa accadrebbe?
“La maggioranza che è uscita dalle elezioni ha il diritto di esprimere il presidente del consiglio. Facciano un nome e noi faremo la nostra parte”.
Voi Terzo Polo o le opposizioni?
“Parlo a nome del Terzo polo e spero che anche il Pd non si sottragga alle responsabilità. Ma a condizione che si abbandoni il libro dei sogni”.
Cioè?
“Serve un governo con un programma definito. Il rilancio dell’economia e una riforma elettorale che riconsegni agli elettori, prima di tornare alle urne, il diritto di scegliere da chi essere rappresentati”.
Ma chi può guidare questo esecutivo? Nel Pdl si fanno i nomi di Alfano, Gianni Letta e Tremonti.
“Non sta a me indicare delle personalità. Ma il Paese non può più aspettare”.
Dopo lo “strappo” della Lega sul caso Papa, molti indicano Roberto Maroni come possibile candidato. Il ministro dell’Interno che per competenza si occupa delle legge elettorale.
“So bene che molti lo immaginano. È auspicabile che accada. Serve che qualcuno prenda l’iniziativa. È necessario un atto d’amore nei confronti dell’Italia”.
Lei accetterebbe anche un leghista a Palazzo Chigi?
“Maroni ha dimostrato di essere più consapevole di quel che sta accadendo. La Lega ha perso alle amministrative in misura maggiore rispetto al Pdl. Molti leghisti sanno che con questa situazione economica il federalismo si allontana, significa più tasse e si chiedono se il gioco valga ancora la candela”.
Una scelta del genere passerebbe per un scontro interno al Carroccio.
“Non credo a uno show down nella Lega. Nemmeno Maroni lo vuole. Bossi è la Lega. Ma Umberto sa che certe cose non può dirle, le fa dire al suo ministro. Allora il ministro sta diventando il punto di riferimento di un certo malcontento lumbard. Ma il segretario leghista sa anche che lui e il premier sono legati, simul stabunt simul cadent”.
E Alfano è in grado di affrontare una sfida del genere?
“Dipende da lui. Tra il dire e il fare… sarebbe ingenuo pensare a un suo strappo, anche semplicemente per una questione di lealtà. Nella Dc i segretari erano uno stimolo per il governo, ma era un’altra epoca. Temo che
Berlusconi resti il “dominus” del Pdl”.
Il premier però ha annunciato di non volersi ricandidare nel 2013.
“Purtroppo temo che nessuno lo sappia con certezza”.
Insomma lei non è ancora convinto del passo indietro del Cavaliere?
“Non credo a un mossa compiuta per sua spontanea volontà. E il punto è proprio questo. Nel Pdl c’è una cappa che blocca tutti. Nessuno vuole dispiacere il capo. Devono avere il coraggio di rompere questa cappa. Chi ha senso di responsabilità assuma un’iniziativa”.
E se accadesse lei tornerebbe nel Popolo delle libertà?
“Il perimetro di Futuro e libertà è quello del centrodestra. Solo qualche maniaco può accusarci di comunismo. Io voglio una destra repubblicana, vorrei un modello europeo per il centrodestra italiano. Ma dopo che la Lega si è astenuta in consiglio dei ministri sulle celebrazioni del 150. mo, dopo le polemiche sui rifiuti al nord, sugli insegnanti meridionali, su un certo odio etnico, io dico che questa non è la mia idea di destra. Non è la mia idea di destra pensare che gli unici lavoratori rispettabili siano i commercianti. E gli impiegati? Gli operai? Molti nel Pdl la pensano come me. Molti – non solo gli ex di An – mi dicono che il problema è Berlusconi e che questo governo non può governare. Allora rompano questa cappa e il centrodestra si riorganizzerà completamente”.
In caso contrario il Terzo Polo con chi si presenterà alle prossime elezioni?
“Da solo. Il Pd coltiva ancora la tentazione di mettere tutti insieme a sinistra. Come ieri, quando si illudeva di tenere insieme Dini e Bertinotti. E se il Pdl continua a credere alla infallibilità di Berlusconi…”.
Anche per questo pensa ad un nuovo sistema elettorale?
“Basta con questo bipolarismo muscolare per cui è importante mettere tutti insieme per vincere e a governare ci si pensa dopo. Si deve ricostruire un legame tra eletti e elettori. Per me meglio i collegi delle preferenze, ma sono pronto a discuterne. Gli eletti ora pensano solo a rimanere nelle grazie di chi lo mette in lista. Per questo nel Pdl tutti hanno paura di Berlusconi”.
Per ricostruire un legame con i cittadini, forse, la politica dovrebbe fare fronte anche ai suoi eccessivi costi.
“Certo, ma senza mettere in discussione i costi della democrazia. Il vero costo è il proliferare di apparati, dei consigli di amministrazione, dei consorzi di bonifica. Non basta tagliare un po’ qua e un po’ la”.
Lei non si sente in colpa?
“Da due anni la Camera ha bloccato l’adeguamento delle indennità, il bilancio dei Montecitorio prevede tagli consistenti. Ma questo è uno dei problemi. Il resto è fare le riforme”.
Il punto però è che i cittadini sono scossi dai costi della politica soprattutto se messi in connessione con la questione morale emersa in Parlamento, con i tanti inquisiti.
“Non mi convincono i paragoni con Tangentopoli e Mani pulite. È vero però che nel Paese c’è una corruzione diffusa, c’è un indebolimento della cultura della legalità. A una società parcellizzata ed egoista corrisponde un ceto politico espressione degli elementi più deteriori della società. E in questo Berlusconi non ha aiutato”.
È responsabile anche di questo?
“Se si da l’idea che la legge non è uguale per tutti, se si attacca la magistratura, si apre una deriva pericolosissima. Il metro del successo è solo il denaro e non è un caso che l’Italia sia il Paese con la più alta percentuale di evasione fiscale. Anche il buon esempio viene ignorato”.
Proprio un anno fa venne espulso dal Pdl. È pentito di qualcosa?
“No, perché tutto quello che avevo denunciato si è poi realizzato. Avevo chiesto gli Stati generali dell’economia e mi avevano detto che “tutto va bene madama la marchesa”. Avevo detto chela Lega aveva la golden share del governo e così è stato. Altri, e non certo io, si devono pentire”.