Lo strano ticket Vendola-Chiamparino
por andrea em terça-feira, 24 de agosto de 2010 às 13:58
Prende corpo l’idea del tandem per la corsa a premier. L’alleanza con Casini pare ormai tramontata
ROMA – La Festa nazionale del Pd di Torino, già colpita, ancor prima di cominciare, dalle polemiche per il mancato invito al governatore del Piemonte Cota, potrebbe far da madrina a una novità di cui si sta vociferando parecchio, nell’estate infuocata del duello Berlusconi-Fini e della latente crisi di governo. Si tratta dell’inedito ticket Chiamparino-Vendola che nell’ipotesi, ormai concreta, di elezioni anticipate entro l’anno, sarebbe pronto alla doppia sfida, all’interno del partito per imporsi nel vuoto di candidature condivise per la premiership del centrosinistra, e fuori, contro l’ennesimo ritorno di Berlusconi.
Finora una discussione chiara sul problema dei problemi, per il Pd uscito battuto nel 2008, e tutto preso dalla crisi interna che lo ha portato al cambio di tre segretari in un anno, s’è rivelata impossibile. Il sindaco ormai quasi uscente di Torino, Sergio Chiamparino, è stato tra quelli che hanno cercato di sollecitarla, offrendo anche la sua disponibilità a candidarsi alle primarie e sottolineando il rischio che dietro l’apparente consenso a un’ipotetica candidatura di Bersani si celassero giochi sotterranei. Bersani invece a luglio, proprio mentre la crisi del centrodestra si accentuava, era riuscito a mettere d’accordo tutte le anime dell’opposizione, da Casini a Di Pietro e allo stesso Vendola, sull’ipotesi di un governo d’emergenza che, in caso di caduta di Berlusconi, potesse essere varato grazie a una maggioranza parlamentare contraria allo scioglimento delle Camere. Nella confusione crescente del partito berlusconiano, l’iniziativa del leader Pd aveva trovato consensi e avuto un risultato positivo. Ma nel giro di un mese, come s’è visto dopo il vertice del Pdl di venerdì scorso, le possibilità di una tregua che consenta in qualche modo al governo di andare avanti si sono molto ridotte. E parallelamente quelle di un esecutivo diverso, ma in grado di aprire la strada al dopo-Berlusconi. Il premier negli ultimi giorni è apparso impegnato soprattutto a mettere in moto la macchina che dovrebbe sostenere la sua sesta corsa a Palazzo Chigi, con la novità dei trecentomila volontari appostati lungo tutto il territorio elettorale. Di qui, anche per il Pd, la necessità di prepararsi al peggio, in un contesto per cui i diversi capi del partito non erano pronti.
Mentre infatti la maggioranza dalemiana del Pd sostiene ufficialmente la candidatura di Bersani e prepara ufficiosamente il lancio di Enrico Letta, il quarantenne ex-popolare ed ex-sottosegretario di Romano Prodi a Palazzo Chigi, nessuno ha capito come intenda muoversi Veltroni, il fondatore del Pd uscito sconfitto nel 2008 ma con il rilevante risultato del quasi 34 per cento dei voti. Chi gli ha parlato lo ha visto preoccupato e sfiduciato, anche se Veltroni è capace di rilanci repentini e imprevedibili riprese. Inoltre, anche se l’interessato ha smentito di voler scendere in campo, la molto politica intervista estiva al Corriere della Sera dell’amministratore delegato di Intesa San Paolo Corrado Passera ha risvegliato il partito dalla sua impasse.
L’ipotesi Chiamparino–Vendola nasce in questo quadro. Nel vuoto ferragostano della sinistra, e senza provocare immediate reazioni, l’ha lanciata il sindaco di Bari Michele Emiliano. Spingono nello stesso senso – a partire dalla dichiarata disponibilità del sindaco di Torino a candidarsi e dal desiderio di sfida del governatore pugliese, dopo il successo alle primarie contro il candidato di D’Alema e nel voto regionale subito dopo -, pezzi di maggioranza e minoranza interna del Pd, convinti che in una corsa, che, se arriva, trova il centrosinistra impreparato e reduce dal modesto risultato nelle amministrative, occorra ragionare fuori dagli schemi. La linea uscita dall’ultimo congresso, secondo la quale si doveva puntare a una coalizione il più larga possibile, una specie di cartello di tutti gli anti-berlusconiani, da Casini a Vendola appunto, non regge più. S’è rivelata difficile da realizzare già a primavera, nelle Regioni, e poi Casini si sta muovendo sullo schema, diverso, di un rilancio del centro.
Intanto, abbottonatissimi, i diretti interessati rifiutano commenti ufficiali e dicono che fino a questo momento non hanno ricevuto alcun segnale dal vertice Pd. Ma come spiegano i loro amici più stretti, Chiamparino e Vendola hanno alcuni lati in comune – a cominciare dal fatto di essere stati eletti e rieletti sull’onda di straordinari successi personali e popolari e di aver dato buona prova come amministratori -, nessun pregiudizio reciproco, e sono assolutamente complementari. Oltre ad essere un uomo del Nord, Chiamparino è il solo ad aver posto in termini stringenti nel Pd la questione settentrionale, intesa come il nodo di un partito che ha praticamente rinunciato a porsi i problemi della parte più importante del Paese, lasciando alla Lega e alla destra praterie sconfinate. Il sindaco sta per pubblicare un libro, dedicato proprio al Nord, che verrà presentato appunto alla Festa di Torino e contiene alcune tematiche confinanti e coincidenti con quelle del rapporto con il territorio che Vendola ha posto al Sud.
Ma se queste sono le premesse, è giusto analizzare anche le criticità. Pur essendo Chiamparino esponente dell’area moderata-riformista, l’affiancamento con l’ex rifondarolo Vendola sposterebbe il ticket inevitabilmente a sinistra, offrendo a Berlusconi materia per una campagna elettorale aggressiva. E creerebbe più di qualche mal di pancia. Sia nella nomenklatura romana, che lavora da tempo all’ipotesi Enrico Letta, che ha accolto male la polemica di Chiamparino contro l’esclusione di Cota dalla Festa, e ha reagito con inaudita durezza e con la presa di posizione del presidente della Provincia di Roma Zingaretti, considerato un altro aspirante candidato premier. E sia nella pancia post-democristiana del partito, da Rosi Bindi a Fioroni, quest’ultimo, e non solo lui, con un piede dentro e uno fuori dal Pd.
In una situazione in cui lo sbocco elettorale, minacciato ogni giorno da Bossi e Berlusconi tuttavia resta incerto, e in cui le primarie su cui il Pd aveva messo le sue radici non sono più all’ordine del giorno, è difficile dire oggi quanta strada farà l’alleanza tra i due outsider, del Nord e del Sud, di cui tanto si parla in questi giorni nel Pd. Basta solo sapere che piazza Castello a Torino, dove sta per aprirsi la festa del partito, rischia di trasformarsi nell’agorà da cui potrebbe partire la corsa della coppia più strana della storia del centrosinistra.