Il segretario generale del Cgie sulle principali tematiche in discussione
por andrea em segunda-feira, 7 de fevereiro de 2011 às 22:18
In un’intervista a “La Voce d’Italia”, Elio Carozza parla del ruolo della rappresentanza garantita ai connazionali all’estero in ambito parlamentare, dai Comites e dal Cgie
CARACAS – Il quotidiano italiano in Venezuela “La Voce d’Italia” pubblica una lunga intervista del direttore Mauro Bafile al segretario generale del CGIE, Elio Carozza, sentito telefonicamente proprio alla vigilia della riunione del Comitato di presidenza del Consiglio, in corso oggi e domani a Roma.
Un contributo che affronta i temi più sentiti dalle collettività italiane all’estero, come la questione dell’assistenza diretta ed indiretta, la diffusione di lingua e cultura italiana all’estero, la riforma di Comites e Cgie, le conseguenze dei provvedimenti finanziari varati dal governo e l’operato dello stesso Cgie in proposito, che rientrano tutti nell’agenda della riunione del Comitato di presidenza.
Carozza è estremamente critico in primo luogo sull’ultima legge finanziaria approvata dal governo, “un provvedimento che d’un solo colpo ci ha portato indietro di 5 anni – segnala, – mettendo in discussione quella ch’era stata una delle conquiste ottenute dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero: l’assicurazione sanitaria a chi non ha nulla”. Un esempio di “totale insensibilità del governo nei nostri confronti”, ammonisce il segretario generale, che rivendica la necessità di sapere come verranno gestiti i fondi per l’assistenza diretta ed indiretta affidati da ora in poi alle rappresentanze consolari.
In merito alle attività svolte dal Cgie nel’ultimo anno, Carozza ricorda, a scanso di equivoci, come la legge italiana affidi al Consiglio generale “un ruolo di stimolo, di ricerca, di comunicazione, di cassa di risonanza delle difficoltà delle nostre comunità e delle loro aspirazioni. Siamo ambasciatori dei problemi e delle speranze degli italiani all’estero presso le istituzioni del Paese, sia a livello centrale che a quello regionali e degli enti locali”.
Nel tentativo di svolgere al meglio questo ruolo, lo sforzo più considerevole segnalato da Carozza è stato orientato al “ricambio generazionale della rappresentanza” e alla “difesa della rappresentanza stessa”, di contro ad un “tentativo di sminuire l’importanza di istituzione come Comites e Cgie”, accompagnato da un disinteresse rispetto alle questioni inerenti agli italiani nel mondo. Disinteresse che il Cgie ha voluto fermamente contestare attraverso una pubblica protesta dinnanzi al Parlamento, organizzata in occasione dell’ultima assemblea plenaria del Consiglio, nello scorso mese di novembre. “Per la prima volta, gli italiani nel mondo, attraverso il Cgie, sono andati davanti al Parlamento per dare un segnale forte di preoccupazione, di contestazione, di attesa – ha spiegato Carozza, potendosi pronunciare ora anche sull’esito di quella manifestazione. “Nonostante il nostro impegno a collocare le nostre comunità al centro dell’attenzione del mondo politico, non si è riusciti a raggiungere l’obiettivo al quale si ambiva – egli afferma. – Non c’è stata ricettività. C’è stato tuttavia disagio. L’ho notato in alcune forze che vivono all’interno del governo. Sono convinto che, nel loro seno, vi sono parlamentari sensibili alle nostre problematiche e che hanno capito che si sta ignorando la potenzialità rappresentata dagli italiani all’estero. Devo constatare tuttavia, e lo faccio con assoluta sincerità, che non c’è stata una risposta significativa, un segnale positivo”.
Il segretario generale lamenta l’insufficiente apertura dimostrata dal governo rispetto alle problematiche costantemente segnalate dal Cgie: “in passato con il ministro Frattini abbiamo dialogato – precisa, – ma negli ultimi anni non siamo riusciti ad ottenere alcun appuntamento. Non ne capisco la ragione”.
Molto duro anche il giudizio sul sottosegretario al Mae con delega agli italiani all’estero, Alfredo Mantica: “Non vuole capire la nostra realtà – afferma Carozza. – Considera che il mondo sia cambiato in maniera rivoluzionaria e crede di essere all’altezza di interpretare le nostre necessità”. A Mantica, il segretario generale imputa “l’attacco a Comites e Cgie” messo in atto dal governo.
Sull’azione del Consiglio generale in questi mesi di estrema difficoltà, nessun rimpianto: “i suoi componenti e i consiglieri del Comites hanno dato l’anima, hanno fatto tutto quanto era nelle loro possibilità – dice il segretario generale. – Il 2010 è stato un anno di sollecitazioni e di riunioni. Abbiamo incontrato i capigruppo di tutti i partiti rappresentati in Parlamento. A più riprese abbiamo dialogato con i Comitati dei due rami del Parlamento. Ci siamo anche recati dal sottosegretario alla presidenza. Onestamente, non si poteva fare di più. Pur andando oltre a ciò che gli viene richiesto per legge, il Cgie – ammette – non ha la forza per incidere sulla politica”.
Carozza interviene poi sulla riforma degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero, “partita quasi in maniera improvvisata” in Parlamento e “contrastata – fa notare – da questo Cgie ed anche dai Comites”. “Dopo aver consultato i Comites e la rete associativa delle nostre comunità, abbiamo costruito una nostra proposta di riforma e l’abbiamo consegnata al governo e al Parlamento – prosegue il segretario generale, illustrandone i punti salienti: “circoscrivere maggiormente la rappresentanza del Cgie nei propri territori, assegnarle un ruolo di coordinamento e sintesi nei vari continenti, trasformare le riunioni delle commissioni continentali in assemblee di riflessione sulle realtà locali”.
Si tratta di una proposta che riconosce il valore e il ruolo dei corpi di rappresentanza intermedi, alla luce della nuova presenza dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero, e pensata per consentire alla sua variegata realtà di interloquire con le istituzioni e far sentire la propria voce.
“Quando il nostro Parlamento ha modificato la Costituzione e stabilito, attraverso una legge di Stato, il voto all’estero, il Comites e il Cgie già esistevano. Il Parlamento, nel decidere la creazione della circoscrizione estero e, quindi, la nostra rappresentanza in Parlamento, era cosciente dell’esistenza di istituzioni intermedie. Prese – continua Carozza – una decisione ragionata. Altrimenti, in quel preciso momento avrebbe dovuto dire che, visto che ora ci sono i parlamentari, si sciolgono le altre strutture. Ma non lo ha detto ed una ragione c’è: l’esistenza di un disegno ben preciso. Sostiene che è impensabile che i 18 parlamentari, 12 alla Camera e 6 al Senato, possano espletare il proprio lavoro, adempiere alle proprie responsabilità stando al tempo stesso a Roma e nei propri collegi elettorali a seguirne le necessità ed evoluzioni”.
Per il segretario generale, dunque, “la rappresentanza parlamentare è stata voluta come complemento della rappresentanza generale”, affinché tutte le istanze degli italiani all’estero possano trovare uno spazio ed un interlocutore.
“La realtà delle nostre comunità, le loro aspirazioni, le loro necessità, oggi, sono diversificate – afferma Carozza. – Chi vive in America Latina ha problemi diversi da chi, invece, vive nel Nord-America o in Europa. Le nuove generazioni, poi, hanno in comune il passaporto e si sentono italiane. Ma hanno una educazione, una formazione completamente diverse. E oggi il 70% degli italiani che vivono nel mondo sono nati, cresciuti, educati e formati culturalmente fuori dall’Italia”.
“Essi costituiscono una grande ricchezza non solo nell’aspetto culturale ma, come sempre sostengo, – segnala il segretario generale – soprattutto in quello economico. Non investire in questi giovani, che domani saranno i dirigenti dei Paesi, non farlo nella lingua e nella cultura italiana è un errore. Vuol dire essere un Paese incapace di guardare al futuro”.
Questa assenza di progettualità, sospetta Carozza, “è forse frutto di un disegno, di una strategia ben precisa. Forse, anche con il rinvio delle elezione di Comites e Cgie si nutre l’intenzione di farli morire, di morte naturale. Ma – egli avverte – il volontariato non si ferma”.
Interrogato sulle conseguenze degli episodi al vaglio della magistratura relativi al voto all’estero, il segretario generale ricorda come di quest’ultimo venga messa in discussione “la modalità, ma non la sua validità”, insistendo dunque sulla necessità di “rimediare alle debolezze del sistema”, che non riguardano unicamente la circoscrizione Estero. “Il voto di scambio, in alcune realtà italiane, non è nuovo. Quante volte è stata provata l’esistenza di brogli? Quante volte si è parlato di voto di scambio? Eppure – continua Carozza – non mi risulta che per questo sia stata avanzata la proposta di togliere il diritto di voto ai cittadini che vivono nelle regioni coinvolte in casi gravissimi di illeciti elettorali. Si cerca, ecco quello sì, di porvi rimedio; di correggere il disfunzionamento”.
Egli chiama in causa anche la responsabilità dei partiti politici, nella scelta dei candidati, invitando ad una maggior cautela, proprio per evitare che si possano verificare episodi che possano ledere l’immagine del voto all’estero e il ruolo dei parlamentari così espressi. “Credo nel sistema dei partiti. E ci credo molto – rivendica Carozza con enfasi. – E’ un sistema di organizzazione, di riflessione e di progettualità. Sono convinto che ognuno di noi, ogni cittadino all’estero, dovrebbe agire all’interno delle organizzazioni politiche. Specie quando si siede in Parlamento, questo è l’unico modo per mantenere vivo il dialogo e non ghettizzarsi. Cosa vuoi che riescano ad ottenere i nostri 18 eletti se si isolano? Dobbiamo convincere, sensibilizzare da dentro. Dobbiamo stare nel Pdl, nel Pd, nell’Idv ed anche nella Lega. La nostra deve essere una battaglia di tutti”. Come quella alle porte del Parlamento, egli ricorda, “a cui hanno aderito tutti i consiglieri, quelli di destra e quelli di sinistra. Così, tutti assieme, e in maniera trasversale, abbiamo potuto dialogare col governo”.
Alla base della scarsa sensibilità dimostrata rispetto alle questioni degli italiani all’estero vi è anche l’insufficiente conoscenza di questa realtà. Una mancanza che occorre contrastare con “un costante lavoro di sensibilità e di pazienza – segnala Carozza. – I parlamentari, quando hanno toccato con mano i nostri problemi e quando hanno dialogato con i nostri consiglieri hanno cambiato atteggiamento. Ci vorrà del tempo ma dobbiamo preparare il terreno perché c’è ancora molta non conoscenza – prosegue. – E’ necessario seminare bene per raccogliere. Questo è il lavoro che devono svolgere i nostri eletti. Il loro è un ruolo assai importante”.
Al segretario generale viene poi chiesto quali conseguenze potrà avere il federalismo sui rapporti tra l’Italia e le sue collettività all’estero “Il Cgie sta lavorando molto bene con le Regioni – spiega Carozza. – In materia di emigrazione, il federalismo sta già funzionando. Certo, va migliorato. Il federalismo fiscale riguarda molto da vicino gli italiani in Italia. Ora bisognerà attendere per sapere se avremo un sistema bicamerale perfetto o una Camera e un Senato delle Regioni. In questo caso, ci sarebbe una nuova regione: la nostra, quella degli italiani nel mondo. Abbiamo davanti tanto lavoro”.
Il segretario generale infine ribadisce come Comites e Cgie rappresentino un valore aggiunto per la discussione sui temi come le politiche di integrazione e di accoglimento dei migranti con cui oggi l’Italia è chiamata a confrontarsi. Si tratta tuttavia di una discussione costantemente rinviata, sottovalutando ancora una volta il contributo di questi organismi, frutto di quello che Carozza definisce “paradosso italiano”: “negli altri Paesi ci guardano come un esempio da seguire – egli conclude, – mentre noi ci demoliamo”. (Inform)