Pubblicazione dell’Associazione per l’Interscambio Culturale Italia Brasile Anita e Giuseppe Garibaldi

Berlusconi. Pronto al rientro: ecco come.

por andrea em domingo, 29 de abril de 2012 às 14:19

 

Forza Italiani è in testa alle preferenze del Cavaliere per il nome della sua prossima creatura, perché mettere nel simbolo soltanto il marchio Italia suonerebbe troppo glaciale, meglio incitare il popolo a impegnarsi, a darsi da fare, a mobilitarsi su qualcosa di positivo, come nelle precedenti campagne elettorali (forza, rialzati…). E Forza Silvio piace da matti al titolare del logo, ma sarebbe in contrasto con l’operazione che va nella direzione opposta, inedita per l’ex Caimano: spersonalizzare, travestirsi, mascherare il vecchio da nuovo.

Colloqui, sondaggi, ammiccamenti. Per il Cavaliere è il momento di tornare. Martedì 24 aprile Berlusconi ha pranzato per la prima volta in vita sua al ristorante di Montecitorio insieme ad alcuni deputati. Un piatto di spaghetti al pomodoro, alla fine il conto l’ha pagato Maurizio Lupi, 83 euro per sette coperti (il vice-presidente della Camera, ciellino doc, ha conservato lo scontrino in un’agendina rossa: “Dopo i guai di Formigoni non si sa mai”). Un’accelerazione improvvisa negli ultimi giorni, perché Berlusconi prepara la sua nuova macchina elettorale e avrebbe bisogno di tempo per metterla a punto, ma si prepara ad affrontare una sfida elettorale anticipata ad ottobre, in un clima di sfascio politico. Perché, spiegano nel Pdl, “se si va a votare in autunno vuol dire che il governo di Mario Monti è fallito”. E in vista del terremoto l’ex premier cambia schema di gioco. Dall’uomo solo al comando al patto di sindacato. Dal modello One man show, un mattatore sul palco, a quello del Consiglio di amministrazione, con più azionisti e con pesi e quote da definire. Più che un partito o una coalizione, una Corporation.

Il mercato potenziale è sconfinato. Sedici milioni di elettori, moderati in libera uscita, in cerca di una casa politica, ha calcolato  Roberto D’Alimonte sul “Sole 24 Ore”. Una situazione che si può paragonare soltanto alla fine della prima Repubblica nel 1992-93, con il crollo dei vecchi partiti e la discesa in campo del Cavaliere. Il più lesto a lanciare l’Opa è stato Pier Ferdinando Casini con il progetto del Partito della Nazione, cui ha replicato il segretario del Pdl Angelino Alfano annunciando una sorpresa in arrivo. “Tra Casini e Alfano siamo al tavolo del poker: buio e controbuio”, si diverte il deputato azzurro Giorgio Stracquadanio. “Solo Berlusconi ha una strategia. Si trova in una situazione identica all’estate del 1993, quando mise in piedi Forza Italia. Anche oggi vede precipitare il vecchio quadro. E cambia offerta politica”.

La novità che si cucina a palazzo Grazioli non è un semplice cambio della sigla Pdl, sulla cui mancanza di appeal tutti concordano e a cui il previsto tracollo alle elezioni amministrative del 6 maggio darà la mazzata finale. E non è neppure un nuovo Predellino, come sognano gli ultras di Arcore. Silvio III deve vedersela con l’inverno dello scontento, la mancanza di credibilità della classe politica che travolge anche lui. La vera sorpresa è che la nuova stagione berlusconiana prevede una Santa Alleanza. Una gioiosa macchina da guerra tra moderati, liberali, cattolici, per sbarrare la strada alla sinistra. O, almeno, per diventare indispensabili per qualsiasi maggioranza nella prossima legislatura.

L’alleato più importante, per ora ipotetico, è un ex rivale, protagonista di uno scontro epico all’assemblea degli industriali di Vicenza, nel 2006, quando l’allora premier invitò gli imprenditori a non frequentare Confindustria: “La crisi è solo nella volontà della sinistra e nei giornali. Si sono inventati un declino che non c’è per andare al potere”.

Acqua passata. Con Luca Cordero di Montezemolo, all’epoca leader degli industriali, i contatti telefonici del Cavaliere sono diventati quasi quotidiani, la diffidenza è stata mitigata dalla mediazione di Gianni Letta. Il Dottor Letta è lo sponsor della riappacificazione. E ora mister Ferrari e il signor Mediaset riscoprono quello che li avvicina: la ricchezza, la notorietà, il voler piacere a tutti i costi, i conflitti di interesse (l’ex presidente della Fiat è appena entrato nel cda di Unicredit). E l’ambizione comune.  Nessuno dei due intende correre per Palazzo Chigi: non il Cavaliere, per evidenti motivi, ma neppure Montezemolo muore dalla voglia. Secondo il patron della Ferrari il prossimo sarà un Parlamento ancora più diviso e frammentato di quello in scadenza, senza una riforma della legge elettorale che tutti danno improbabile. Meglio, per l’uomo del Cavallino rampante, fare ingresso sulla scena politica in modo discreto, con la speranza di trasformare la prossima legislatura in una fase costituente, per poi tornare al voto con le nuove regole. Magari con una forma di presidenzialismo che esalterebbe le sue qualità. Per ora c’è il network Italia Futura, pronto ad accendere i motori. Un manifesto programmatico, il Cantiere 2013, esposto dalle teste d’uovo montezemoliane (Carlo Calenda, Andrea Romano, Nicola Rossi), in cui si invoca la nascita di un “fronte per la crescita liberale e democratico”, che si batta “contro la visione penitenziale e declinista del nostro presente e del nostro futuro”, da costruire “in un clima nuovo di reciproco rispetto e apertura”. Toni e contenuti che riecheggiano la rivoluzione liberale del Berlusconi 1994. Così come ricorda la Forza Italia prima maniera l’organizzazione che Italia Futura si sta dando nelle regioni, affidata a circoli territoriali o ad altre associazioni (attivissima la Confagricoltura di Mario Guidi). Ma il pezzo forte è il giro di riunioni riservate di Montezemolo con i presidenti delle grandi fondazioni bancarie del Nord. In vista di una lista civica nazionale, con candidati della società civile, fuori dai partiti.

Un progetto che Berlusconi non vede più come concorrenziale. Anzi, sarebbe l’occasione per chiudere il Pdl balcanizzato. Ci sono gli ex di An che si muovono come un partito nel partito: si vedono a cena tutti i martedì, il tema è sempre lo stesso, mettersi in proprio con un partito di destra o restare in lista con gli ex azzurri. E ogni volta la discussione si interrompe sul punto dolente: chi guida l’operazione? La Russa e Gasparri sono eterni numeri due in cerca di Capo, Alemanno lo farebbe ma è detestato dagli altri. L’altra anima del Pdl, gli ex Forza Italia, sono alle prese con un calcolo catastrofico. Tra i peones gira un foglietto, l’unico spread che interessa davvero ai parlamentari azzurri: quanti saranno rieletti al prossimo giro? In questa legislatura sono iscritti al Pdl 210 deputati e 127 senatori, cui vanno aggiunti 23 Responsabili alla Camera e 13 al Senato. L’attuale Pdl, diretto da Angelino Alfano, nei sondaggi si aggira intorno al 20-22 per cento: significa un dimezzamento degli attuali gruppi parlamentari, 80-90 deputati e 50 senatori. Perfino il capogruppo Fabrizio Cicchitto ha confidato di non sentirsi al sicuro.  Ed ecco allora la trovata. Marciare divisi e colpire uniti: una lista Pdl e una lista di berlusconiani doc, tutti nuovi o quasi, denominata Forza Italiani, che nei sondaggi vale il 15 per cento. Alleati con una lista Montezemolo che potrebbe superare il 10 per cento.

Berlusconi porta in dote il popolo dei fans di Silvio. Montezemolo un pezzo di borghesia imprenditoriale. Alfano guiderà quel che resta del Pdl. Alla Corporation dei moderati manca un solo azionista di peso. Casini è l’oggetto del desiderio e la pietra d’inciampo. Per Berlusconi è essenziale tenerlo dentro la partita. “Senza la Lega di Bossi che chiede la secessione perché dovremmo restare divisi?”, si chiede. E non esiste un problema di leadership. “Casini chiede il passo indietro di Silvio, ma dimentica che ne ha già fatti due: ha lasciato il partito ad Alfano e la guida del governo a Monti. Non gli si può chiedere di sparire”, si ribella Lupi.

Difficile immaginare che Casini sciolga l’Udc per ritornare nel recinto berlusconiano. Ma a Casini servirà qualcosa di più solido e più sexy del Partito della Nazione, un’etichetta già usurata, per reggere alla forza d’urto elettorale di una coalizione che pesca nello stesso mare dei moderati. Soprattutto se dovesse aprirsi la caccia al ministro del governo Monti da mettere in lista. Con Casini è in attesa Lorenzo Ornaghi, Corrado Passera è un’incognita, più che un possibile leader è uno stato d’animo. Sul fronte berlusconiano si cerca un candidato premier (da indicare obbligatoriamente se si vota con il Porcellum) innovativo e spiazzante. Per esempio una donna: Emma o Elsa. La Marcegaglia ha il difetto di oscurare Montezemolo. La Fornero piace moltissimo ai pasdaran berlusconiani, “un bel volto thatcheriano, è la nostra lady di ferro”, si esalta Stracquadanio, ma è difficile che voglia schierarsi.

E Monti? C’è chi giura che se si dovesse votare nel 2013 il candidato di Berlusconi per Palazzo Chigi sarebbe ancora lui: alla testa di una grande coalizione in cui il Cavaliere continuerebbe a far pesare la difesa dei suoi interessi. A meno che tutto crolli e che si vada a elezioni anticipate in autunno. In quel caso il Professore avrebbe fallito. E tutto tornerebbe in mano a lui, il vero usato sicuro della politica italiana, un certo Silvio B.

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