L’Alleanza è santa solo in emergenza
por andrea em sábado, 19 de fevereiro de 2011 às 9:33
Stallo. Contro un Cav. che va avanti sulla linea del «ritorno alla politica» non basta fare cartello.
Gianfranco Fini ha ragione quando dice che il potere finanziario del premier è un agente primario della politica nazionale. Le doti di “persuasione” del Cavaliere viziano la contesa democratica, ma non cancellano i ritardi e i limiti dell’opposizione nell’offrire un’alternativa al paese.
Ritardi e limiti che escono ingigantiti dalla svolta berlusconiana degli ultimi giorni. È bastato che il presidente del Consiglio seguisse con diligenza il copione del «ritorno alla politica» per rimettere in primo piano l’impreparazione degli avversari. Ovviamente, la situazione resta fluida: basta poco perché tutto torni a ribaltarsi. C’è infatti una enorme dose di fiction nel ruolo che il Cavaliere si è ritagliato. Ma, che il premier tenga o no la parte, l’opposizione dovrebbe dimostrare di saper giocare su tutti i terreni, non solo su quelli favorevoli. Se Berlusconi va avanti sulla linea del «ritorno alla politica», a maggior ragione devono dimostrare di saperlo fare i suoi oppositori. E invece, per ora, così non è.
La proposta di una alleanza costituzionale, nota sui giornali come “Santa”, si è rivelata valida e realistica. Ma resta legata a un contesto di emergenza, a uno sbocco elettorale improvviso e drammatico, alla necessità di mettere in campo una risposta ampia a quello che si presenterebbe come il referendum finale sul berlusconismo. È ormai chiara a tutti una verità elementare: nelle fasi in cui si prevede un’accelerazione elettorale, il Pd, l’Udc, Fli (e negli ultimi giorni persino Nichi Vendola) sono pronti a fare cartello. Appena la prospettiva del voto si allontana, ciascuno torna a fare partita a sé e a pensare ai propri guai. Ecco perché Pier Ferdinando Casini oscilla tra le interviste in cui invoca un Cln per liberare il paese da Berlusconi a quelle in cui offre una sorta di appoggio esterno all’esecutivo, oppure nega sdegnato anche la sola idea di un’alleanza col Pd, come ha fatto nelle ultime ore. Un problema analogo lo ha Fini, il quale la scorsa settimana ha celebrato una schizofrenica costituente di Fli, da una parte rassicurando chi nel suo partito non accetta di fare asse con la sinistra nemmeno in caso di emergenza («Non andremo mai a sinistra», è stato il mantra della convention di Rho), dall’altro promuovendo negli incarichi chiave tutti i fautori della Santa Alleanza. Fini ha pagato caro il prezzo di questa ambiguità.
Fermo sulla proposta del grande patto costituzionale c’è solo il Pd, che resta così in balìa degli eventi. Pier Luigi Bersani può compiacersi di aver messo in campo una soluzione d’emergenza capace di ottenere consenso. Ma se l’emergenza, almeno quella elettorale, non c’è? E se Berlusconi, a dispetto di tutto, riuscisse davvero a portare a termine la legislatura? Rimettere in campo una solida strategia delle alleanze è comunque una priorità, che si voti tra due mesi o nel 2013. Ma senza “emergenza”, la Santa Alleanza perde molte delle sue ragioni e del suo fascino. Se i democratici – e come loro anche Fini e Casini – hanno altri due anni per organizzarsi, gli elettori si attendono la capacità di avanzare una proposta ordinaria, in cui magari il centrosinistra fa il centrosinistra e il Terzo Polo fa il Terzo Polo, ammesso che sia capace di resistere così a lungo alle intemperie. Un’alleanza vasta è sempre possibile, ma a quel punto è lecito pretendere che sia cementata da un solido progetto politico oltre che dalla necessità di arginare il plebiscitarismo del Cavaliere.
In questo senso non regge la posizione di chi vuol posticipare ancora a lungo, e magari anche sminuire, l’importanza di mettere in campo un candidato premier. Sono solo banalità della peggior specie quelle avanzate nel mantra «prima vengono i contenuti, poi le persone…». Al contrario, individuare un candidato, costruire il progetto intorno a lui e alla sua credibilità, è elemento essenziale per lavorare a una alternativa strutturale e non tenuta in piedi solo dall’urgenza elettorale. Se si lascia a Berlusconi la possibilità di lavorare a una seria agenda senza opporgli una controprogrammazione degna, se si pensa sia sufficiente fare le barricate, per esempio su una nuova eventuale legge sulle intercettazioni, replicando senza varianti la sceneggiatura dei primi due anni e mezzo di legislatura, sarà difficile convincere l’elettorato che la Santa Alleanza è l’alternativa di cui c’è bisogno.