Pubblicazione dell’Associazione per l’Interscambio Culturale Italia Brasile Anita e Giuseppe Garibaldi

Bastia è lontana. La mesta festa di Fini a Rho

por andrea em sábado, 12 de fevereiro de 2011 às 14:01

 

Costituente. La Santa Alleanza anti-berlusconiana scontenta le colombe. L’assemblea si apre con i primi litigi: Urso non vuole cedere il posto di coordinatore a Bocchino. A Menia il ruolo di capogruppo. Domani l’atteso intervento del presidente della Camera che dovrà indicare la rotta.

Milano. Buonismo e Libertà. Perché la ferita brucia ancora, quella della mancata spallata del 14 dicembre. E il futuro è incerto, incertissimo. Parlano poco i militanti futuristi arrivati nella landa deserta di Rho, per il battesimo ufficiale del nuovo partito. Un ricordo, l’impertinenza euforica di Bastia Umbra, il democraticismo sessantottino. E chissà se è un segno dei tempi, ma quelle magliette, dito alzato e «che fai mi cacci», sono scomparse dagli stand.
Al “confessionale futurista”, dove i giovani consegnano un messaggio davanti alle telecamere per la futura memoria, trionfa il politicamente corretto. Facce pulite, paiono liceali appena diplomati col massimo dei voti. Dicono «voglio un’Italia libera», «voglio un’Italia dove la pensione non è un sogno», «voglio un’Italia dove la laurea serve a qualcosa».
Fuori dalla fiera gli scandali del premier, gli assalti del Pdl alla procura, le preoccupazioni del Colle. Dentro, una regia alla Veltroni, un po’ nuova stagione, un po’ per tutte le stagioni: un prato verde dietro il palco, come fece Uolter a un’assemblea milanese del Pd, sempre alla Fiera di Rho, a due stand di distanza. Coincidenze, forse. Ronchi dal palco recita lo spot ecumenico. Passa la mano sul ciuffo, poi d’un fiato: «Siamo per una politica diversa, grazie Gianfranco, siamo per la politica delle persone, che col dialogo vuole costruire una grande famiglia». Che cos’è la destra, che cos’è la sinistra, cantava Gaber. Sullo schermo sotto il faccione rassicurante di Obama scorrono le parole della sua bella politica: «Il futuro non è un regalo, è una conquista». Introducono il nuovo sito internet futurista. Più spot della Apple che manifesto politico. Dopo un po’ di cliccate il messaggio: «Fli non è solo un nuovo partito ma un nuovo modo di fare politica, con la partecipazione». Già, libertà è partecipazione. Pure Gianfranco Fini si presenta senza ascia di guerra, conservando per domani i colpi in canna. Buonista pure lui: «In questi giorni getteremo un seme perché la primavera italiana possa diventare una realtà e non solo una speranza».
Dietro il prato verde, la speranza. Ovvero la fine del berlusconismo. Trapela un sondaggio riservato di Crespi: il 40 per cento dei italiani crede che Fli sia un partito di centrosinistra, l’80 dei potenziali elettori lo considera antiberlusconiano. Ecco il punto. I militanti sono pronti pure alla santa alleanza pur di liberarsi del Cavaliere: «Di fronte all’emergenza – ripetono in molti – un’alleanza di tutti non è uno scandalo, poi noi torniamo a fare la destra e la sinistra la sinistra». Ma il gruppo dirigente futurista è spaccato. La santa alleanza fa paura. Meglio, per ora, ripiegare su uno spartito di destra puro, in attesa di scegliere l’assetto elettorale: «La destra – urla Adolfo Urso – è Paolo Borsellino. È lui che diceva: chi non ha paura muore una sola volta, chi ha paura muore ogni giorno. Un uomo di destra non fa causa allo Stato, lo serve». E tutti i big, da Viespoli ad Angela Napoli si preoccupano di rassicurare i militanti: «Costruzione di un nuovo centrodestra alternativo a quello attuale», «nuovo e non terzo polo», «legalità», «patria». Berlusconi è il grande innominato: «Siamo post, non anti», ripetono, mentre il Pdl a Milano contesta platealmente la procura. Chissà.
Sotto il buonismo della scena, però, mascherata dalle parole d’ordine della tradizione, si consuma la lotta sulla strategia delle alleanze. Feroce, come è feroce quella per il controllo del partito. I falchi non vogliono veti a sinistra in caso di precipitare degli eventi. Ronchi e Donato Lamorte non ne vogliono nemmeno sentir parlare. E non è un caso che la prima battaglia, dietro le quinte come nei partiti di una volta, si è consumata sul ruolo di coordinatore del partito. La nomina di Adolfo Urso ormai è bruciata, anche perché l’ex ministro non ha accettato nei giorni scorsi la proposta di mediazione, ovvero il ruolo di portavoce invece che quello di coordinatore. I maligni pensano che sia proprio lui il grande sobillatore delle critiche degli intellettuali di Fare Futuro, da Campi a Sofia Ventura. Del resto negli ultimi tempi ha trasformato la fondazione nella sua trincea di resistenza: «Guai parlare coi giornalisti», l’ultimo ordine di scuderia. Ora i falchi hanno posto il veto totale. Spetterà a Fini sedare il duello. Per la soluzione manca solo qualche riunione notturna. Il presidente della Camera ha intenzione di imporre Italo Bocchino come coordinatore del partito, forte dei numeri degli iscritti, e di affidare alla colomba Roberto Menia la guida del gruppo parlamentare. L’indicazione ufficiale potrebbe arrivare nella giornata di oggi.
Già, Fini. Il leader futurista, teso in volto, ascolta gli interventi dei suoi colonnelli, seduto tra tutto il suo stato maggiore. La first lady Ely Tulliani arriverà domenica. L’ex moglie Daniela di Sotto, invece, non è mancata alla prima. Spetterà a lui domani tracciare la rotta di un partito ambizioso, nuovo, e disegnare un’identità per il post-berlusconismo, consapevole che il presente passa per l’anti. Sul palco Italo Bocchino – e non è un caso – si prende la scena, risvegliando la sala dal torpore. Picchia duro sulla legalità, sulle riforme: « Non ci saranno più né padrini né padroni. Siamo qui per costruire la destra del futuro. Una destra repubblicana, nazionale, laica, simile alla destra europea e occidentale». Suona lo spartito della tradizione, e i militanti quasi si spellano le mani: «Non esiste destra se non c’è nazione. E oggi mi vergogno di pensare che c’è gente che si definisce di destra e sta trattando il depotenziamento delle commemorazioni per l’anniversario della nazione perché deve accontentare un alleato». Ma è sulla santa alleanza che in parte anticipa il discorso di Fini, da numero due in pectore: «Stiamo costruendo la destra del futuro. Consideriamo la sinistra un avversario da battere. La destra del futuro però, di fronte al passaggio dalla seconda alla terza Repubblica, non deve commettere un errore che accadde nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica: quello di non scrivere le regole del futuro, le regole si scrivono insieme». Perché le cose serie – ovvero: il patto repubblicano – si fanno quando è il momento e non si annunciano: «Non possiamo bagnarci prima che piova », dice Granata. Poi, quando piove piove.

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