Alfano: premier preparato e arguto, ma batta i pugni sul tavolo in Europa
por andrea em domingo, 15 de janeiro de 2012 às 14:21
Il leader pdl lunedì per la prima volta a pranzo da Monti con Bersani e Casini. Liberalizzazioni «Siamo tutti d’accordo.
ROMA – Tutti a pranzo da Monti domani, «a parlare di Europa». Per la prima volta Alfano andrà a palazzo Chigi per sedere a fianco di Bersani e Casini. È la fine degli incontri nel tunnel per i tre leader politici, ma non è l’inizio di una «grande coalizione», come vorrebbe il premier. Perché il segretario del Pdl continua a confinare l’attuale maggioranza nel recinto delle virgolette: «Con Casini il rapporto è di antica frequentazione. Con Bersani invece è circoscritto a questa fase, durante la quale sono già emersi – a partire dalla manovra finanziaria – approcci e opinioni differenti. Sostenere lo stesso esecutivo non ci ha fatto cambiare idea».
La divergenza più evidente è nell’analisi della crisi e nel primo consuntivo sull’operato del gabinetto tecnico: «Siamo al secondo mese della gestione Monti – dice Alfano – e dopo due mesi la borsa continua ad andar giù e lo spread a restare su. È la prova che il problema non era il governo Berlusconi, così come la colpa non può essere oggi ascritta al suo successore. Tuttavia è evidente che la credibilità di Monti sui mercati internazionali e in Europa non è stata sufficiente a evitare il declassamento dell’Italia. L’auspicio di ogni persona responsabile è che il governo riesca a centrare dei risultati. Perché è su questo che verrà misurato, sulla capacità cioè di raggiungere gli obiettivi che si era prefisso: arginare la crisi e favorire la crescita».
Berlusconi sostiene che «finora i risultati sono stati nulli» e che «la durata della legislatura dipenderà dall’andamento dell’economia»: c’è dunque il rischio di elezioni anticipate?
«Un esecutivo che non è stato eletto dai cittadini si regge sugli obiettivi che intende conseguire. All’atto di nascita del governo Monti, il Pdl non ha posto scadenze. Ritenevamo e riteniamo più serio e responsabile ancorare il senso di questa esperienza ai risultati».
Il ministro Fornero ritiene che «la sberla» sul rating di Standard & Poor’s «rallenta il recupero». Insomma, dovrete essere comprensivi…
«Lo siamo da tempo. Perché siamo in presenza di un problema che si verificava quando c’era Berlusconi a palazzo Chigi. Solo che allora non si poteva dire ciò che oggi il ministro Fornero può dire. Però, piuttosto che recriminare, guardiamo avanti. Chiediamo a Monti di agire, di battere i pugni sul tavolo in Europa, di far valere la posizione italiana, di non accontentarsi di gentili e affettuose dichiarazioni di stima che purtroppo non ci risparmiano il downgrading».
Si riferisce a Merkel e Sarkozy?
«Il presidente francese mi pare abbia smesso di ridere e forse ha iniziato a piangere di sé. Quanto al cancelliere tedesco, ricordo che ha la responsabilità di guidare un Paese fondatore dell’Unione, e che deve prendere una decisione: può favorire il processo di unificazione europeo o asfissiarlo con un egoismo nazionale che sarebbe legittimo, ma che non le darebbe un profilo da statista internazionale. Ecco perché Monti – che ha il compito di rappresentare l’Italia – deve preoccuparsi relativamente dei sacrifici che gli vengono chiesti da quanti pensano al proprio tornaconto nazionale. Lui deve puntare a fare gli interessi italiani, provando a farli coincidere con gli interessi europei, non con quelli di Merkel e Sarkozy».
Com’è il rapporto con il presidente del Consiglio?
«Ottimo. È persona preparata e arguta».
Anche tagliente con Berlusconi, visto le recenti stilettate. A proposito: secondo lei, le «mani in tasca agli italiani» sono messe dal governo con le tasse, o dagli evasori che le tasse non le pagano?
«Sull’evasione fiscale, vorrei prima smentire una falsità, sorreggendomi su fatti e non su battute. Nel 2008 – quando il governo di centrodestra entrò in carica – il dato del riscosso è stato la metà di quanto raccolto quando Berlusconi se n’è andato. In tre anni, insomma, abbiamo raddoppiato l’incasso. Chiaro? Poi, a voler essere precisi, è il governo a mettere direttamente le mani in tasca ai cittadini. Gli evasori lo costringono a farlo. Certo, un governo può scegliere di aumentare le tasse o tagliare la spesa inutile. Noi riteniamo si debba puntare sulla crescita, scegliendo – ove possibile – la strada dei tagli piuttosto che quella delle tasse».
Il rapporto con Monti sarà anche «ottimo», ma avete capito se il suo resterà un governo di tecnici, o ci sono dei tecnici che si preparano a diventare politici?
«Noi abbiamo votato un esecutivo di tecnici. Se qualcuno, dopo soli due mesi, invece di badare all’interesse generale si è già messo a caccia di poltrone, andiamo bene… Comunque, non temiamo la competizione politica. Se qualcuno ha queste mire lo dica, e se ne assuma la responsabilità confrontandosi alla luce del sole. In modo che i partiti che sostengono il governo possano liberamente decidere se continuare a sostenere un governo che si propone di diventare partito, oppure no».
Se è vero che Monti ha già fatto sapere di non volersi candidare, chi si cela dietro quel «qualcuno» che ha ripetuto con tanta insistenza: il superministro Passera, per caso?
«È una questione di etica comportamentale che non riguarda un singolo. Ricordo solo che i ministri tecnici stanno al governo grazie ai nostri voti in Parlamento. I target dell’esecutivo sono prestabiliti e ci attendiamo provvedimenti che servano a raggiungerli. Aspettiamo, per esempio, che Monti presenti un piano per l’abbattimento del debito. E su questo tema il Pdl contribuirà con una propria proposta».
Intanto si parte con le liberalizzazioni.
«Sullo slogan siamo tutti d’accordo: viva le liberalizzazioni. A patto però che siano utili alla crescita e ai cittadini, garantendo una migliore qualità dei servizi a minor costo. Eppoi il processo va avviato per ordine di importanza: perciò vengono prima le grandi reti, le autostrade, il sistema bancario. E alla fine i farmacisti e i tassisti. Così saremmo credibili».
Lei ha incontrato Monti, assieme ai capigruppo del Pdl: lo avete convinto sulle priorità?
«Il presidente del Consiglio ci è parso condividere il nostro approccio. La prossima settimana leggeremo il decreto».
Allora si ripeterà il copione della manovra: il governo si presenterà in Parlamento, porrà la fiducia sul provvedimento, e ai partiti toccherà prendere o lasciare.
«Intanto, già sulla manovra siamo riusciti a modificare alcune parti del testo. Quanto alle liberalizzazioni, anche in questo caso, gli aspetti che noi del Pdl non condivideremo, proveremo a cambiarli in Parlamento. Con la consapevolezza che i nostri sono i gruppi di maggioranza relativa, tanto alla Camera quanto al Senato».
Avreste bisogno dell’appoggio di Pd e Udc per far passare i vostri emendamenti. Questo vuol dire che l’abc della politica esiste davvero? Che c’è un asse tra Alfano, Bersani e Casini? Sulla modifica della legge elettorale, per esempio, era parso possibile un accordo. Poi è arrivato Berlusconi e ha detto che il «porcellum» – magari un po’ ritoccato – va sempre bene.
«L’attuale modello ha un grande pregio, perché garantisce la governabilità. Ma ha dei limiti nella modalità di elezione dei candidati e nell’assenza di un premio di maggioranza nazionale al Senato. Io penso che del sistema vigente dovremmo salvare i pregi ed eliminare i difetti. Perché dietro i vari progetti di riforma vedo sempre il tentativo di rimettere indietro le lancette dell’orologio, di tornare alla Prima Repubblica, cancellando il diritto dei cittadini a indicare il premier. Il Pdl non è disponibile».
Quale Pdl? Il partito che si affanna su congressi e primarie, mentre si avvicinano le Amministrative e non si sa ancora se sarà alleato dell’Udc o della Lega?
«Di sicuro non rimarremo da soli. Troveremo le alleanze sul territorio, in base alle esigenze delle singole comunità. Non ci sono schemi precostituiti a livello locale».
Questo schema però non potrà valere a livello nazionale: che fine farà l’alleanza con la Lega?
«È un rapporto che non intendiamo disperdere e che può essere tenuto vivo grazie alle tantissime amministrazioni del Nord dove governiamo insieme».
Il rapporto sarà con la Lega di Bossi o con quella di Maroni?
«Non è mia abitudine entrare nelle dinamiche di altri partiti. E comunque mi pare che le tensioni si vadano superando».
Hanno litigato sul «caso Cosentino», altro deputato del Pdl – dopo Papa – per il quale era stato richiesto l’arresto.
«Il fatto che la Camera abbia respinto la richiesta della procura non ha bloccato il corso della giustizia, poiché l’inchiesta andrà avanti e alla fine i giudici saranno liberi di assolvere o condannare Cosentino. Il Parlamento non ha negato l’arresto dopo una sentenza, ma prima di un processo».